Marcus King: l’anima irriducibile del southern rock

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« Ho un tatuaggio sul petto che dice My foolish heart ed è un riferimento a un brano del Bill Evans Trio. Metto su quella raccolta del Village Vanguard, le emozioni in quel disco sono davvero potenti. Piango e piango». Non si può non amare Marcus King (1996, Greenville, Carolina del Sud), il suo modo di affrontare la vita e la scena musicale. Senza rete, senza sconti. Il 2024 per lui è stato l’anno della svolta. Da un lato è riuscito ad interrompere il percorso autodistruttivo da rockstar che aveva intrapreso con grande impegno, dall’altro si è affidato a Rick Rubin per ripensare il suo suono. I suoi due primi album da solista: il country soul di El Dorado (2020) e Young Blood (2022), ottimo rock classico, bruciante, sudista, con canzoni dolorose e intense (Dark Cloud, Rescue Me) sono i lavori che lo hanno lanciato, dopo i tre dischi di riscaldamento con The Marcus King Band e il fruttuoso incontro con i Greta van Fleet e i Lynyrd Skynyrd. Poi per Mood Swings ha cercato la collaborazione di Rick Rubin e tutto è cambiato. A Guitar World ha spiegato: « Adoro i Beastie Boys e mi ispiro all’hip-hop delle origini, in realtà a qualsiasi genere hip-hop, se è per questo. Sono sempre stato molto attratto dai tentativi di Rick di integrare il rock and roll nell’hip-hop, come ha fatto con i Run DMC e gli Aerosmith e più tardi con 99 Problems, il brano di Jay-Z. Ha una mente davvero innovativa, ma ciò che è più intrigante di Rick è quello che riesce a tirarti fuori: con il suo amore per l’arte ti spinge in territori inesplorati».   Mood Swings rappresenta il cuore dei live con canzoni seminali come la cruda Fuck My Life e l’introspettiva Lie Lie Lie. Una ventina abbondante di brani (con il concerto che spesso si chiude con una versione irresistibile di Ramblin’ Man della Allman Brothers Band). Un racconto affascinante, un viaggio introspettivo dove Marcus King si muove con elasticità fra i suoi ultimi tre album e un pugno di cover, fra momenti acustici, intimi e cavalcate che sfociano nella jam session (inarrestabile l’intensa Save Me ).