LA SETE CHE BRUCIA.
con gli attori Roberta Barbiero e Umberto Terruso
e con la musica del trio di Rita Di Tizio (fisarmonica), con Alessio Buccella (pianoforte) e Marino Alberti (batteria)
regia e curatela artistica Paola Veneto
INGRESSO GRATUITO fino a esaurimento posti.
Prenotazioni allo 0365.20072 oppure online, su questa pagina, da mercoledì 28 giugno.
Una carrellata di poesie di autori contemporanei da tutto il mondo (da Luis Ferdinand Céline a Ágota Kristóf, Charles Bukowski, Elias Canetti, Silvia Plath, Franz Kafka, Henry Miller, Julio Cortázar, Mario Benedetti e tanti altri), a cui faranno da contrappunto i brani interpretati da Rita Di Tizio alla fisarmonica, Alessio Buccella al pianoforte e Marino Alberti alla batteria: un viaggio sonoro appassionato che parte dal tango nuevo di Astor Piazzolla, omaggia il genio musicale di Richard Galliano, tocca il vals criollo e si conclude a est con le vibranti note della Czardas.
L’ingresso allo spettacolo è gratuito su prenotazione, da effettuare sul sito www.anfiteatrodelvittoriale.it a partire dal 28 giugno.
“Più Luce!” esplode appassionatamente di vita con un emotivo connubio fra poesia e musica, celebrando un tema quanto mai attuale e urgente: Eros, questo inquieto ospite, spesso identificato, in maniera colpevolmente semplicistica, con l’amore fisico, sessuale.
Ma Eros è molto di più. E’ quel bambino capriccioso che non riesce a crescere, senza suo fratello Anteros, eppure non si rassegna mai: anche quando vaga senza meta e senza direzione certa, Eros cerca l’altro, che spesso è “soltanto” il suo io “migliore”.
Quella fiamma che brucia verso se stessi, prima di tutto, quando ci appassioniamo, quando la parte più primitiva del nostro sentire desidera entrare in profonda comunione con il sentimento di amore.
Nella Teogonia di Esiodo (700 a.c), Eros è un dio creatore, il primo Dio, nato dal Caos primordiale contemporaneamente a Gea; senza lui nessuno degli altri dei sarebbe sorto.
Nel VI sec. a.c. per Saffo il dio era figlio di Urano e Afrodite; viceversa nel V sec a.c. il poeta Simonide sostiene che Eros fosse figlio di Ares e Afrodite.
Ma è Platone, nel IV sec. a.c., a offrirci nel Simposio una versione profondamente “diversa” del dio, drammatica e poetica, cui ci siamo ispirati quest’anno.
Socrate infatti ribalta l’opinione comune che Eros fosse la principale delle divinità per importanza e lo racconta come un dio imperfetto, che non è nemmeno da considerarsi una divinità, bensì una figura inferiore, un dio a metà.
Secondo Platone Eros è figlio di Poros, dio dell’ingegno (o meglio, dell’espediente), e di Penia, dea della povertà, e conserva le caratteristiche principali dei genitori: la costante ricerca e l’incessante mancanza.
Eros, condannato a cercare e a perdere, tutt’altro che perfetto, è ricerca senza fine, tensione verso ciò che è momentaneamente assente, eppure desiderato con implacabile e febbrile costanza che spinge verso l’azione, l’esplosione, la vita, l’errore, mani sporche e polvere sul viso.
Dopo un periodo cupo, duro, buio, quale è stato quello della pandemia, ma anche semplicemente dopo tanti anni in cui per comunicare i mezzi sono profondamente cambiati, ci interroghiamo sul come ”sentiamo”, sul come eroticamente ci avviciniamo all’altro e a noi stessi, al nostro daimon interiore che è, o, meglio, dovrebbe essere il cuore caldo del nostro vivere le relazioni.
L’amore erotico è spinta e propulsione verso la vita, anche pena dolorose autocombustioni.
Che sia fuoco, dunque. Comunque sia.
PAOLA VENETO