Sulla strada dal 2012, gli islandesi Kaleo (che significa voce in hawaiano) propongono una musica che affonda le proprie radici nel rock e nel blues.
Il cantante chitarrista Jokull Juliusson, alias J.J., spiega: «Fin da bambino ho iniziato ad ascoltare il rock, amo la roots music, mi affascina il blues. Con i miei amici abbiamo deciso di andare alla fonte di tutto».
Per questo nel 2015 Juliusson e i suoi compagni di band, il batterista David Antonsson, il bassista Daniel Kristjansson, il chitarrista Rubin Pollock, si sono trasferiti ad Austin, in Texas. A Vice Juliusson ha confessato che «non si tratta solo di essere da dove viene la musica. Negli Stati Uniti ci sono alcune delle migliori sale per la registrazione. Per noi è una cosa fondamentale dato che ci piace produrre il materiale da soli. Passiamo molto tempo anche a Nashville perché c’è l’opportunità di suonare con dei turnisti eccezionali».
Il primo album dei Kaleo, A/B, è del 2016; poi c’è stato nel 2019 Invisible, un lavoro live che però è diventato davvero invisibile, dato che non è presente nemmeno sul sito della band.
Nel 2021 è arrivato Surface Sounds, 11 canzoni attraversate da energici riff blues e un groove intrigante. Un album per occuparsi di destino, miti, abissi, e ricordare al mondo che vengono dall’Islanda. Dove le forze primordiali e crudeli della natura rendono i destini immutabili nel tempo. Dove è impossibile produrre arte (musica, letteratura, cinema) senza fare i conti con la mitologia norrena. Lo testimonia anche l’evocativa cover dell’album, divisa a metà: vulcano sopra, ghiaccio sotto. Juliusson ricorda: «Nel 2019 ho registrato molti suoni della natura in Islanda. Volevamo avere la voce della nostra isola; uccelli, geyser, cascate…». Suoni che vanno a completare il folk sentimentale e le melodie rock, con testi che raccontano il rimpianto di un amore, il bisogno di emozioni. Juliusson ammette: «La malinconia è un luogo che visito spesso».
Fantastiche le location dei loro videoclip: vulcani in eruzione, fari del Nord Atlantico, iceberg, distese di ghiaccio. «Dobbiamo scegliere la canzone giusta per ogni luogo. Bisogna cercare di abbinare il brano all’ambiente e alla natura che ci circonda. Si tratta di un’avventura, la maggior parte delle volte stiamo sul set per 28-30 ore. Ho sognato per anni di potermi esibire di fronte a un’eruzione, da solo con la mia chitarra».