Pochi mesi fa è uscito un nuovo sorprendente album di Francesco De Gregori: Pastiche, affascinante collaborazione con Checco Zalone («Amo molto Pezzi di vetro e sono molto orgoglioso degli arrangiamenti») che rilegge alcuni suoi classici, con uno struggente inedito (Giusto o sbagliato) e una cover vertigionosa di Pino Daniele (Putesse essere allero), ma ci sono anche Paolo Conte e Antonello Venditti. Nel tour 2024, battezzato De Gregori dal vivo, non mancheranno certamente incursioni nell’ultimo lavoro. Il De Gregori degli ultimi 15 anni è l’opposto di tanti altri cantautori, rimasti intrappolati nel giro un po’ scontato dell’autoglorificazione del loro passato, che devono però fare i conti con il loro presente. Dopo il 2000 sono usciti dischi assai pregevoli: Amore nel pomeriggio, Pezzi, Calypsos, Sulla strada che contiene almeno un paio di capolavori. Ci sono stati tour epocali (Vivavoce, nella giusta fierezza della celebrazione), un sentito omaggio a Dylan, partecipazioni televisive generose, libri. A osservarlo con attenzione, in tutto questo attivismo, si può cogliere il dipanarsi di un progetto coerente e credibile. Oggi De Gregori è saldo nel presente, preciso nella scrittura come dimostra Giusto o sbagliato, immune da qualsiasi (pre)giudizio sul passato. Vedere De Gregori dal vivo è fondamentale per comprenderne la statura complessiva, magari assaporando un ascolto alternativo di canzoni all’apparenza più appartate rispetto agli immortali hits. Lo teorizza lui stesso:«Mi fa piacere quando il pubblico riconosce un pezzo dalle prime note. Mi piace però anche quel silenzio un po’ stupito che accoglie le canzoni meno conosciute. La bellezza del live è anche questa: la scaletta non deve essere scontata, bisogna mischiare un po’ le carte». E quando vai a un concerto del Principe («L’unico soprannome che mi piace è “Principe”, perché Dalla lo scelse durante Banana Republic»), di una cosa sei certo: non mancheranno mai le sorprese…