PREMIO PIU’ LUCE! | La sfida finale
“Più luce!”
Perché ne abbiamo bisogno, di stelle luminose.
Perché la Poesia può e deve essere rivoluzione.
A casa di un poeta, la terza edizione di un Premio per attori, invitati a recitare versi più o meno noti per regalar loro nuova vita.
Domenica 30 giugno al Laghetto delle Danze, nel parco monumentale del Vittoriale degli Italiani, si consumerà l’ultimo atto
della terza edizione del nostro poetico premio: una vera e propria sfida a colpi di versi tra i 10 attori finalisti, che il comitato tecnico ha selezionato nella rosa dei candidati del bando. Alla fine uno soltanto si aggiudicherà la vittoria e la scultura “L’Abbraccio” di Ettore Greco.
I finalisti saranno esposti al voto della giuria e del pubblico che assisterà alla serata, chiamato a esprimere il suo importante giudizio.
Ecco i nomi dei dieci attori finalisti, rigorosamente in ordine alfabetico. Dalla categoria “Interpreti“: Roberta Cardinale e Alessandro Maserati. Dalla categoria “Attori“: Tomàs Acosta, Silvia Altrui, Chiara Battistini, Stefano De Bernardin, Matteo Micheli, Debora Migliavacca Bossi, Laura Piazza, Rosa Leo Servidio.
I finalisti saranno chiamati a misurarsi con una poesia scelta nella rosa di quelle selezionate dalla curatrice, Paola Veneto, e con una lirica a propria scelta sul tema a cui è dedicata la poetica di questa edizione del Premio, ovvero la nostalgia.
La serata, a ingresso gratuito, sarà presentata dagli attori e doppiatori Alessandro Parise e Perla Liberatori, con la partecipazione del M°Giacomo Del Colle Lauri Volpi.
Il poeta Maurizio Cucchi sarà il presidente di giuria della terza edizione, accanto a Giordano Bruno Guerri, storico e presidente del Vittoriale degli Italiani, da Bruno Fornasari, regista e drammaturgo, e, come tradizione, dalla vincitrice della passata edizione, Francesca Garioni.
Maurizio Cucchi – che succede nel ruolo di presidente di giuria a Gabriele Lavia nel 2017 e al poeta Valerio Magrelli nel 2018 – è nato a Milano, dove vive, il 20 settembre 1945. Poeta, ha esordito nel ’76 con Il disperso (Mondadori, nuova ed. Guanda ‘94), poi compreso, con le successive raccolte (Le meraviglie dell’acqua, 1980, Glenn, ‘82, Donna del gioco, ’87, Poesia della fonte, 93, L’ultimo viaggio di Glenn,‘99) nel riassuntivo Poesie 1965- 2000 (Oscar Mondadori 2001). Ha poi pubblicato i versi per teatro Jeanne d’Arc e il suo doppio (Guanda 2008) e le raccolte Vite pulviscolari (Mondadori 2009) e Malaspina (id. 2013), Poesie 1963-2015 (Oscar Mondadori, 2016), Sindrome del distacco e tregua (Mondadori 2019). È autore dei romanzi Il male è nelle cose (id. 2005), La maschera ritratto (id.2011), L’indifferenza dell’assassino (Guanda 2012), del volume di prose La traversata di Milano (Mondadori 2007), della raccolta di prose e versi sparsi Rebus macabro (edb, 2014), della raccolta di articoli di costume Varietà post umano (Algra 2018). Tra i maggiori riconoscimenti si segnalano il Premio Viareggio (’83), il Premio Montale (’93) e il Premio Bagutta (2014). Ha pubblicato una raccolta di saggi e articoli: Cronache di poesia italiana (Gaffi, 2010). Ha curato, con Stefano Giovanardi, l’antologia Poeti italiani del secondo Novecento, 1945-1995 (Mondadori 1996 e 2004). Ha tradotto per i Meridiani Mondadori, i tre volumi, tutta l’opera narrativa di Stendhal. Collabora con “Il Giorno”, “Avvenire” e cura una pagina di poesia per “Repubblica” di Milano.
Il Laghetto delle Danze si trova all’interno del parco monumentale del Vittoriale. Sono pertanto consigliate calzature comode.
IL BANDO
I concorrenti dovranno misurarsi con l’interpretazione (a memoria o a lettura) di un testo poetico individuato in una rosa di liriche selezionate, da scaricare qui, e di una lirica a propria scelta, o stralcio di poema, la cui interpretazione abbia durata massima di 2′.
Le candidature sono aperte dal 2 maggio al 7 giugno: in questo periodo i partecipanti possono inviare via Whatsapp, al numero 340.1392446, un video delle proprie interpretazioni, in formato mp4, e l’indicazione della categoria in cui desiderano gareggiare: “Attori” o “Interpreti”. Esclusivamente le candidature per la categoria “Attori” dovranno essere corredate di curriculum vitae.
La qualità del video non sarà oggetto di valutazione, che verterà esclusivamente sull’interpretazione delle liriche.
Il comitato artistico sceglierà 8 finalisti della categoria “Attori” e 2 della categoria “Interpreti”, i cui nomi verranno pubblicati il giorno lunedì 10 giugno sul sito www.anfiteatrodelvittoriale.it.
I 10 finalisti saranno ospiti del Festival* per una sfida finale a colpi di versi, aperta al pubblico, sotto l’egida di una giuria composta da illustri protagonisti del mondo del teatro, della poesia e della cultura italiani. La data della sfida finale è prevista per il 30 giugno.
Presidenti di giuria delle prime due edizioni sono stati, nell’ordine, l’attore e regista Gabriele Lavia e il poeta Valerio Magrelli.
*A carico del Festival saranno le spese di cena e pernottamento del 30 giugno.
POETICA del Premio
di Paola Veneto
La bellezza e l’incanto della parola pensata e poi scritta, forse mai come nel linguaggio poetico, neutralizzano lo sberleffo del tempo e viaggiano nello spazio con la leggerezza di albatros inciampati solo per un attimo, e per nostra fortuna, nella spugna dell’inchiostro.
E così il nostro Premio compie tre anni, fra voli mai interrotti e planate repentine, pronto a regalarci un’emozione tutta nuova per questo 2019.
Infatti a differenza delle due edizioni precedenti, che hanno visto rispettivamente protagoniste, la prima, una selezione di liriche di ampio respiro, da tutte le epoche e da tutto il mondo, unite dal primordiale e trasversale trasporto per il verso e, la seconda, una serie di sezioni ben definite per tematica, quest’anno vi invitiamo in una torre.
Una torre di quelle ricoperte di rampicanti, con qualche mattone malmesso, difficili da visitare, eppure tremendamente attraenti, protagoniste di almeno uno dei nostri sogni del dormiveglia, che ce lo ricordiamo oppure no.
La nostra torre luminosa è la casa di una selezione di liriche tutta italiana, contemporanea, con un vestito di colore blu instabile, che cambia in base alla luce del giorno e della notte. Un colore che di sicuro investe a tratti le pareti di tutti quelli che sono lontani da casa, che si tratti della casa fisica o quella di un ricordo che taglia il fiato.
Ma attenzione a quel “tutta italiana”: mai come in questo caso l’identità si rivela un paradosso, visto il tema centrale della poetica del Premio Più Luce! 2019.
Quest’anno infatti leggeremo, e sentiremo recitare dai nostri partecipanti, versi che raccontano un sentire comunemente noto come nostalgia, nell’originario senso della parola.
Nostos, ovvero ritorno, e algos, cioè dolore. Il dolore del ricordo, quando questo è perduto; la ferita del ritorno, se non conosce una strada, o, peggio, se questa strada non esiste.
Investiti dal dolore del distacco, dello strappo dello sradicamento, siamo un unico popolo, che procede a fatica e per forza spesso in direzioni che non sente mai completamente proprie.
Com’è facile perdersi, allora. Com’è facile sbagliare. Com’è automatico non credere di potercela fare a stare bene, in una pelle che ci ritroviamo per forza e restare per sempre stranieri, per feroce ironia della sorte alla fine in senso bidirezionale, perché lo si diventa anche per sé stessi e non solo per gli altri quando si è fuori luogo, senza una “casa” sentita come tale.
Nel ricordo, nel dolore del non ritorno delle cose e dei posti dell’anima, ci si ritrova in nessun luogo.
Ed ecco dunque la nostalgia, nei versi dei nostri poeti italiani contemporanei (salvo qualche rara eccezione con un piede nel diciannovesimo secolo), che potrebbero oggi perfettamente descrivere il sentimento di tutti coloro che sono lontani dalle proprie radici, dagli affetti, dalla casa intesa come pace e identità.
L’urgenza di guardare all’Uomo nella sua necessità di radicato che è invece improvvisamente ed ineluttabilmente strappato al sé più ancestrale, si fa in questo periodo storico sempre più pressante. Diversamente, l’intolleranza, l’odio, ma soprattutto l’incomprensione figliastra zoppa di una mancata empatia, produrranno danni cupamente caleidoscopici alla società in rapido e inarrestabile cambiamento.
La parola “nostalgia”, così come oggi la intendiamo, è una parola moderna, coniata da Johannes Hofer nel 1688 in una relazione presentata all’Università di Basilea, “Dissertatio medica de nostalgia”, nella quale il giovane e brillante medico affrontava il tema della malattia che colpiva i soldati svizzeri in servizio presso guarnigioni straniere. Malattia di cui a volte questi ragazzi morivano… e muoiono tuttora, se altri strazi, più immediati, non intervengono prima sul percorso di chi è lontano da “casa”.
A partire da allora ritroveremo questa parola “moderna”, che poggia su radici concettuali antiche invece quanto l’uomo, declinata in tutte le lingue, nel senso che oggi, più o meno, universalmente intendiamo.
La incontriamo però non più considerata come una malattia (anche se a volte effettivamente lo è, seppure chiamata con un altro nome) ma come una condizione che quasi non si può dire, in tempi veloci e “sicuri” come quelli che ci fanno da sfondo.
Come brillantemente sostiene Antonio Prete, “dinanzi a questa condizione, forme di linguaggio quali la poesia e la narrazione mostrano invece come quello a cui non si può tornare possa trovare una nuova presenza. Mostrano come dall’irreversibile possano salire parvenze, immagini, figure con cui dialogare. E come il finito possa rivivere, facendosi ritmo di un dire e di un pensare”.
Ed ecco la bellezza, la scrittura, la poesia, che vengono in soccorso alle gole serrate, quando si è perduti anche se si sta seduti in un posto che geograficamente ha dei margini perfettamente definiti. I nostri alfieri indomabili ricavano un angolo salvo per pensieri esuli e infreddoliti, pronti a riconoscere nel cielo un tetto sotto il quale, se non sarà possibile rifugiarsi, si potrà perlomeno sognare. E restare umani, nonostante tutto.
I marinai della terza edizione del Premio Più Luce! lanciano allora un appello ben preciso in questo vento di primavera: non importa dove sei nato, come sei arrivato qui, se ci sei ancora o se devi andare via. Tantomeno importa se hai dei buoni motivi, reali, per sentire quel blu alla gola.
Non importa se hai superato peripezie degne di Ulisse o non sei mai uscito dalla stanza di casa tua. Hai diritto alla nostalgia, ad aggrapparti alla poesia che regala un posto anche all’irrisolvibile.
La nostalgia fa parte della nostra giovane memoria storica e letteraria più di quanto ci si voglia ricordare, frantumati coi ricordi dei nostri padri fra le luci dell’ennesimo paradiso virtuale.
L’Italia ha conosciuto la guerra, la fame, la povertà, l’ignoranza. L’ignoranza la conosce ancora, ahinoi, ed il poco amore per la lettura anche.
Oggi dunque riprendiamo in mano alcuni classici meravigliosi, altri meno classici ma fortemente nostri ed attuali e stringiamo la mano alla nostalgia, perché è anch’essa una casa, soprattutto per chi si sente straniero, lo sia o meno agli occhi degli “altri”.
Un bicchiere di nostos per tutti dunque, con algos di accompagnamento, tanto non dobbiamo guidare se non i pensieri sui versi. Ma non siam qui per esser tristi!
Noi vogliamo comprendere, vogliamo ricordare. Desideriamo impegnarci sul fronte della diffusione della cultura che include, che ostacola la barbarie perché la fa vergognare di coprire anche un solo raggio di bellezza.
Chi strappa una rosa non ne conosce il profumo, o magari l’ha dimenticato. La poesia non farà nascere rose, né risolverà annosi drammi socio-politici: può però offrire un rifugio a quella nostalgia che se malgestita riesce facilmente a generare mostri, più o meno prevedibili.
Giustissimo e doveroso preoccuparsi delle urgenti tematiche globali collegate ai gravi problemi di questo ventunesimo secolo, ma chi vorrebbe vivere in un mondo che non legge, che non ricorda, che non dà valore a un universale sentire?
Le cose della vita, gli eventi, i drammi, sono fatti da individui e ogni individuo ha una storia da raccontare o, perlomeno deve avere la possibilità di farlo.
Siamo madri, padri, figli, uomini e donne ovunque ci troviamo e la nostalgia è un salvagente dovuto, in alternativa ad un pericoloso e, quello sì, tristissimo oblio.
Citando Cioran “La nostalgia, più di ogni altra cosa, ci dà il brivido della nostra imperfezione”.
Buon brivido allora e che, sempre, ci sia la luna sul cammino notturno di chi porta i fiori.