L’irresistibile flusso sonoro di Bill Callahan

Bill Callahan
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“Un Leonard Cohen postmoderno”, “un Johnny Cash con il cuore bruciato”, in questi anni le definizioni per inscatolare Bill Callahan si sono accumulate. Fatica sprecata: è semplicemente un poeta che parte dai sogni e da “svariate forme d’arte” per scrivere la sua musica: «Da un po’ di tempo ho iniziato a considerare la creazione una forma di patologia. Forse è semplicemente una fuga dalla realtà. È un mondo che creo io che scorre accanto a un mondo che non creo io. Forse è malsano, abbandonarvisi troppo profondamente. Forse l’impulso a creare è semplicemente l’impulso a evadere. Parto da una o due parole scritte a mano su un quaderno, un’idea vaga come una pallina da tennis in un canale di scolo…». Mai banale, per Mojo è una leggenda Lo-fi con alle spalle 13 album firmati Smog e 9 come Bill Callahan. La sua scrittura è davvero clamorosa ma non si può scordare la qualità titanica della musica. Prendiamo Resuscitate! (2024), l’ultimo suo lavoro live. Contiene principalmente brani dal disco YTILAER (2022) e mostra un Callahan impegnato a mutare le sue canzoni, a renderle quasi irriconoscibili, con un gruppo di musicisti che cercano nuove sfumature praticamente a ogni nota. Negli ultimi anni Callahan si è circondato di alcuni dei migliori musicisti della scena folk d’avanguardia e sperimentale, i risultati di queste collaborazioni si posso cogliere al meglio dal vivo. Perché il coraggio non manca, con le canzoni che sembrano appartenere a una scatenata jam session, quasi fossero parti di un flusso sonoro free jazz- folk, unico, creato avendo un pantheon da omaggiare (ci sono echi che vanno da Albert Ayler ai Television). Per questo ogni concerto è un’esperienza filosofico-sensoriale irripetibile. Qualcosa di ipnotico, notturno, pulsante.