Un teatro di festa sulle rive del lago

di Dalila Casiraghi

 

 

Alla fine dell’Ottocento in tutta Europa si dibatteva per riportare negli antichi teatri all’aperto i drammi classici. In Italia, grande sostenitore di queste tesi fu Gabriele d’Annunzio.

Un viaggio in Grecia nel 1895 fece riscoprire al poeta il mondo elleno e, sulla scia di questa ispirazione, il Vate iniziò a immaginare di costruire un teatro all’aperto sulle sponde del Lago Albano, vicino a Roma. L’intento era creare un teatro sullo stile di quelli già realizzati in Francia, a Orange e Bussang, in cui avrebbe potuto rappresentare nuovi drammi di tipo classico per la moltitudine: “Noi edificheremo in questo luogo solenne e solitario un teatro di festa, che rimarrà aperto nei due mesi più dolci della primavera romana […]. Noi consacreremo dunque un tempio alla musa tragica sulle rive del lago, tra gli olivi“. Per questa inaugurazione, programmata per il 21 marzo del 1899, d’Annunzio avrebbe messo in scena Persefone.

Questo progetto trovò l’appoggio entusiasta di Eleonora Duse, ma non si poté realizzare fino a quando d’Annunzio si trasferì al Vittoriale. Nel 1931, infatti, inviò a Pompei Gian Carlo Maroni, l’architetto del Vittoriale, per studiare il Teatro Grande – il più antico teatro romano – e trarne genio.

Nel 1934 iniziarono così i lavori di quello che oggi è il Parlaggio – una “conca marmorea sotto le stelle”, come l’aveva immaginata d’Annunzio.

 

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